Libero ovunque tu sia
L’anno sta per finire e ciascuno di noi serba nel cuore delle speranze per il 2011. Ma cosa deve sperare chi si aspetta un altro anno da trascorrere rinchiuso in prigione? Oggi vorrei parlarvi di alcune esperienze meditazione in carcere, che vengono compiute in tutto il mondo, Roma compresa, e che ho avuto modo di conoscere direttamente.
1) Vediamo innanzi tutto cosa significa. Jon Kabat-Zinn parla della sua esperienza come terapeuta all’interno delle carceri nel momento in cui, in un suo famoso saggio, affronta il tema del “karma“. Il concetto di karma, spesso equivocato o banalizzato, è inteso come la somma risultante da tutta una serie di condizioni che si verificano nel corso della vita – azioni, ma anche pensieri, sentimenti, esperienze sensoriali, desideri – e che la condizionano, determinandone la direzione. “Un’accumulazione di tendenze che può incanalarci in particolari schemi comportamentali, che a loro volta producono ulteriori accumulazioni di tendenze”, sempre dello stesso segno. Il nostro karma, trasformandosi in abitudini consolidate, ci rende in qualche modo “prigionieri” di schemi comportamentali. I detenuti sono soggetti al proprio karma, come tutti noi, solo che esso può risultare particolarmente “negativo”. Sedendo in meditazione, è più facile osservare i nostri impulsi, non consentendo loro di tradursi in azioni. Leggete cosa scrive lo scienziato Kabat-Zinn, a proposito del lavoro sul karma da parte dei detenuti.
2) Per il maestro zen Thich Nhat Hanh, di cui vi propongo il testo del discorso tenuto al Penitenziario di Stato del Maryland, negli Stati Uniti, la libertà è la condizione per essere felici, ma la dobbiamo coltivare in noi stessi. “Per libertà intendo la libertà dalle afflizioni, dalla rabbia e dalla disperazione. Se in te c’è rabbia, la devi trasformare, per poter ottenere di nuovo la tua libertà. Se in te c’è disperazione, devi riconoscere questa energia e non permetterle di sopraffarti. Devi praticare in modo da trasformare l’energia della disperazione e raggiungere la libertà che meriti: la libertà dalla disperazione”. Senza consapevolezza nella nostra vita quotidiana, ci dice questo maestro, noi nutriamo la nostra rabbia e la nostra disperazione, guardando o ascoltando cose intorno a noi che sono altamente tossiche, tramite la Tv, le riviste, internet, certe conversazioni. “Vivere in modo consapevole significa smettere di ingerire questo tipo di veleni e scegliere invece di essere in contatto con ciò che è meraviglioso, che rigenera e che guarisce, dentro di noi e intorno a noi”. Partendo semplicemente da esercizi come la respirazione consapevole, il sorriso intenzionale, la gratitudine su esperienze quotidiane come il mangiare.
3) In questo contesto si inserisce il Progetto Liberazione Nella Prigione, derivato dal Liberation Prison Project, nato a sua volta negli Stati Uniti e del quale hanno finora beneficiato, dal 1996, circa 20 mila detenuti. Il lavoro svolto è principalmente quello di corrispondere tramite lettere con i detenuti, ma anche di insegnare le pratiche di meditazione e di dare sollievo spirituale ai carcerati. I volontari cercano di aiutare le persone a sviluppare il proprio potenziale umano, offrendo ai detenuti strumenti di sviluppo personale e di conoscenza di sé, quali la meditazione, lo yoga, l’auto-osservazione e l’elaborazione di temi psicologici rilevanti all’interno del sistema carcerario. Tipici benefici che sono stati riscontrati sono “la diminuzione o dissoluzione dei conflitti individuali e interpersonali e la modifica delle abitudini comportamentali, conseguenti a un lavoro che va a potenziare la consapevolezza di sé“. Per maggiori dettagli, e per contatti, si vedano la scheda allegata e il sito Liberation Prison Project (che però è in inglese).
Kabat-Zinn – Cambiare karma (da: “Dovunque tu vada ci sei già“, TEA, 1999)
Thich Nhat Hanh – Libero ovunque tu sia, Associazione Essere Pace, 2003 (pdf)
Scheda Progetto Liberazione Nella Prigione (pdf,)
Consiglio pratico: clicca sul link col tasto destro del mouse e poi scegli la voce: “Salva destinazione col nome…”
[Ringraziamenti: a Viviana Ballini e Alessandro Venuto, che mi hanno fatto conoscere il progetto] [La foto iniziale è di Mohamed Ghuloom]You need to login or register to bookmark/favorite this content.