
Felicità e sofferenza sono di natura biologica, dunque entrambe passeggere e in continuo mutamento. Per spiegarcelo, Thich Nhat Hanh usa l’esempio del fiore, che dipende da molti fattori diversi e mutevoli.
Felicità e sofferenza sono entrambe passeggere
La felicità e la sofferenza sono di natura biologica, il che significa che sono entrambe passeggere e che sono in continuo mutamento. Quando il fiore appassisce diventa concime; il concime può servire a coltivare un altro fiore. Anche la felicità è di natura biologica e impermanente: può diventare sofferenza, e la sofferenza può ridiventare felicità.
Se si osserva in profondità un fiore si vede che è fatto soltanto di elementi di non-fiore. In quel fiore c’è una nuvola: certo, sappiamo bene che una nuvola non è un fiore, ma senza la nuvola non può esserci il fiore. Se non ci sono nuvole non c’è pioggia e i fiori non possono crescere. Non occorre essere un sognatore per vedere una nuvola che galleggia nel fiume: lì c’è davvero la nuvola; c’è anche la luce del sole. La luce del sole non è un fiore, ma senza la luce del sole non può esserci alcun fiore.
Se continuiamo a osservare a fondo il fiore vedremo molte altre cose – come la terra e i minerali – senza le quali un fiore non può esistere. È un fatto, dunque: un fiore è composto soltanto da elementi di non-fiore. Un fiore non può esistere da solo: può soltanto inter-essere con ogni altra cosa. La luce del sole, il terreno o la nuvola non si possono togliere dal fiore.
Da: Thich Nhat Hanh, “Trasformare la sofferenza. L’arte di generare felicità“, Terra Nuova, 2015.
Trasformare la sofferenza. L’arte di generare felicità

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